Inseguendo l’amore – Nancy Mitford

Ma il Natale che ricordo meglio di tutti è quello dei miei quattordici anni, quando zia Emily si fidanzò. Zia Emily era la sorella di zia Sadie e mi aveva allevato fin dall’infanzia, dato che mia madre, la loro sorella più giovane, si era sentita troppo bella e vivace per accollarsi, a diciannove anni, il fardello di una figlia. Abbandonò mio padre quando io avevo un mese e da quel momento le sue fughe romantiche con le persone più disparate si fecero così frequenti, che parenti e amici la ribattezzarono “Puledra fuggiasca”. 

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Risale al 1941 la pubblicazione di Inseguendo l’amore, primo romanzo di Nancy Mitford, scrittrice britannica di cui vi ha già parlato Marta nella sua recensione di L’amore in un clima freddo. I due romanzi, pur raccontando storie diverse, hanno in comune alcune ambientazioni e diversi personaggi – in primis Fanny, dal cui punto di vista ci vengono presentate entrambe le vicende. Se in L’amore in un clima freddo la narratrice ci raccontava la storia dell’amica d’infanzia Polly, in Inseguendo l’amore si concentra invece sull’affezionata cugina Linda e sulla sua incessante ricerca dell’amore. Linda e Fanny sono pressoché coetanee e la giovane narratrice ci racconta le sue vacanze, che trascorreva ospite nell’enorme magione di campagna dei nobili quanto stravaganti zii Matthew e Sadie, fra battute di caccia, eventi sociali e pomeriggi passati a fantasticare con la bella Linda sui loro amori futuri. Il giorno del suo debutto in società Linda conoscerà il suo primo marito, colui che le sembrerà essere l’uomo che ha sempre sognato e cercato ma che darà invece inizio alle tribolazioni amorose della giovane donna.

Dopo le entusiastiche parole di Marta riguardo i romanzi di questa scrittrice, ho avuto per lungo tempo il suo nome che mi ronzava per la testa. Quando poi ho ritrovato la Mitford nominata ne La Sovrana Lettrice , dove Inseguendo l’amore viene descritto come il romanzo che ha fatto scaturire in Elisabetta II la travolgente passione per la lettura, ho ritenuto fosse arrivato il momento di fare la conoscenza di Nancy.

Con non poco dispiacere devo ammettere però di non essere rimasta entusiasta della Mitford così come Marta e la cara Elisabetta. Nonostante la scrittrice e il libro sembravano avere tutte le carte in regola per potermi piacere da matti, ammetto di esserne rimasta un po’ delusa. Direi una bugia se affermassi che è stata una lettura sconfortante su tutti i fronti perché non è assolutamente così, ma non riesco a liberarmi della sensazione che a Inseguendo l’amore mancasse qualcosa.

Ma andiamo con ordine, e partiamo con l’elencare le cose belle che mi sono rimaste di questa lettura: l’ironia e la schiettezza di Fanny nel raccontarci non tanto le vicende amorose di Linda quanto le virtù ma anche le stranezze dell’aristocrazia inglese, rappresentate dalla famiglia Radlett, sono sicuramente notevoli e non mancano di strappare un sorriso. La narratrice ci introduce in questo mondo con disincanto e sincerità regalando al lettore uno sfaccettato ritratto dell’alta società inglese che tanto amo.  In virtù di questo, ho quindi letto volentieri la prima e l’ultima parte del romanzo, entrambe ambientate nella casa di campagna dei Radlett quando tutta la famiglia si trova in scena.

Le note dolenti invece riguardano proprio Linda e le di lei pene d’amore che, pur essendo l’argomento principe del romanzo, ho faticato a digerire. Il motivo principale è senza ombra di dubbio la protagonista, per la quale ho provato fin dalle prime pagine una profonda antipatia. Linda ci viene descritta come una ragazza bellissima verso la quale ogni singolo personaggio del romanzo prova un sincero affetto per me ingiustificato. L’impressione che ho avuto io della giovane è quella di una ragazza viziata, piagnucolona e totalmente priva di personalità. Linda cambia e si adatta all’uomo a cui si accompagna, si convince di condividere le idee comuniste del secondo marito pur non avendo per queste alcun tipo di interesse. Si lascia alle spalle la figlia avuta dal primo matrimonio senza alcun rimorso di coscienza, liberandosene come ci si libera di quegli oggetti che ti ricordano un amore finito. La situazione un po’ si risolleva quando Linda finalmente incontra l’Amore in Fabrice, a Parigi, ma anche in questo caso non ho trovato particolarmente appassionante la relazione fra i due, che non ha saputo regalarmi quel brivido che speravo. Sono ben consapevole che l’intento della Mitford non era quello di creare un personaggio di particolare spessore (anzi) e sono altrettanto consapevole di avere il grande difetto di non riuscire a godermi un libro a pieno quando provo antipatia per il protagonista.

Per questi motivi sono quindi certa di non aver saputo apprezzare il romanzo principalmente per causa di questa mia mancanza, più che per il romanzo in sé. Non mi sento quindi di sconsigliarvelo e anzi, sono certa di voler dare una seconda possibilità alla Mitford, leggendo qualche altra sua produzione nella speranza che l’assenza di Linda possa giovarmi.

Consigli di lettura: sarò banale, ma le atmosfere che evocano le case di campagna inglesi non possono che essere associate ad una bella tazza di tè sporcato di latte e qualche biscotto. Mettete quindi a bollire l’acqua e fatevi contagiare dalla stravaganza dei Radlett!

Casa editrice: Giunti

Pagine: 271

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